Sabato scorso al Grand Raid Prealpi Trevigiane in gara in nostri eroi Massimiliano Tebaldi e Daniele Baroni, mentre al Raid del Col Visentin Michele Simion.
Ormai come consuetudine il grande Massimiliano ci regala questo bel racconto della sua gara.
Gran Raid Prealpi Trevigiane
Gran raid, grande sfida. Non tanto per distanza e dislivello,
che comunque rimane di tutto rispetto, ma per come mi sento in questo ultimo
periodo. Testa piena di pensieri lavorativi, fisico svuotato, tanto stress.
Notti passate a girarsi nel letto con la leggerezza di un elefante.
Correre
con la testa immersa nei pensieri non è facile, il gesto diventa macchinoso,
privo di gioia. Si cerca di scaricare la testa, ma se ne ricava solo altro
stress per risultati che non soddisfano. Corri con il corpo scollegato, non lo
comandi a dovere, i tuoi passi non sono armoniosi. La notte prima della gara
l'ho passata a fissare il soffitto, con la mente che spaziava a quello che mi
aspettava il giorno dopo, alle soluzioni per un lavoro che si sta prendendo
troppo di me.
È
difficile concentrarsi su degli obbiettivi quando hai impulsi che arrivano da
più parti. Sfrutti ogni momento libero per allenarti, ma corri contratto senza
goderti quel gesto, quel momento che invece dovrebbe essere solo tuo, custodito
gelosamente, diviso solo con la tua voglia di andare senza troppe domande.
Mi
ritrovo in piedi senza bisogno di nessuna sveglia, con un entusiasmo che sta
sempre più svanendo. I miei compagni di viaggio, Daniele e Marianna sono alla
prima esperienza con una gara di questo chilometraggio e dislivello.
Sono
giustamente intimoriti, ma curiosi, determinati, euforici. Dal loro sguardo si
percepisce sicurezza e convinzione, faranno un ottima gara, la porteranno a
casa con le unghie affilate dimostrando carattere e determinazione.
Cerco
nei rituali pre gara un po’ di certezze. Lo sguardo di amici incontrati e
ricontrati in tante gare mi da sicurezza, mi sento a casa , nel mio mondo.
Cerco
di concentrarmi sull'immediato, su quello che succede tra cinque minuti non tra
due ore.
Stringo
i miei bastoni tra le mani cercando sicurezza. Sfoggio sorrisi da foto pregara
e mi concentro su un obbiettivo, arrivare.
La
partenza mi porta a correre in mezzo al gruppo, mi lascio trascinare dalla
scia, non siamo molti siamo circa 170, ma tanto basta per sentirsi al sicuro.
I
miei muscoli sono vuoti, sensazioni provate anche al Trail dell'Orsa. Mi
concentro su piccoli segnali che arrivano dal corpo, cerco e trovo risposte,
risposte non incoraggianti.
Scaccio
con tutta la forza ogni pensiero negativo, ma tengo gelosamente quello che
mani, gambe braccia, spalle mi trasmettono.
I
piedi si muovono con sicurezza nel sentiero che si innalza, Appoggiano tra
sassi e radici senza timidezza.
L'aria
è fresca, ma si riscalda quasi subito.
Il
primo pezzo si fa conquistare faticosamente, dopo un paio di chilometri di
falso piano. Si sale, si prende quota, si spinge scrutando la terra che finisce
calpestata dalle tue scarpe. Il bosco è umido, la sensazione di calore riempie
il mio corpo.
Impugno
con forza i miei bastoncini e spingo. Mi aiuto con qualsiasi parte del corpo,
chiamo tutti i miei muscoli a raccolta. Salire mi regala una buona sensazione
di conquista.
Tante
volte mi sono domandando perché amo il trail.... amo il trail perché è fatica,
perché ti ritorna indietro quanto investi di te stesso, ti ritorna il tuo
lavoro il tuo impegno. Amo arrivare e sentire che mi sono conquistato quel
traguardo, amo arrivare dopo essere salito e sceso con le mie forze senza
nessuna scorciatoia. Amo questo sport perché qui contano le tue gambe e il tuo
cuore, ogni metro te lo devi conquistare, non ci sono facili guadagni, non
conta essere simpatici o piacioni, non conta conoscere qualcuno, non conta
postare frasi “rubate” internet per fare bella figura e prendersi quel momento
di gloria con tanti mi piace.
Conta
solo il gesto, il tuo gesto, il tuo allenamento. Conta solo quanto sei disposto
a soffrire, quanto devi impiegare per alzare l'asticella della tua
sopportazione. Il trail è vero perché è solo un momento tuo, nessuno ti può
aiutare, ti devi aiutare.
Si
continua a salire e correre in cresta fino a raggiungere il Cesen e il primo
ristoro al 17km.
L'aria
ora è fredda. Una nebbia fastidiosa raffredda il sudore gelandolo sulla tua
pelle. Ti regala una sensazione di fastidio che si impadronisce di tutto il
corpo. Il te caldo servito gentilmente dai volontari riscalda il tuo corpo e ti
regala nuova energia.
Si
scende, si corre in discesa, le mie caviglie si dimenano tra le zolle
irregolari del prato regalando una sensazione di fastidio a tutto il corpo. Si
corre di traverso alla montagna, non è facile appoggiare il piede. Trovo un
andatura regolare che mi da sicurezza.
La
discesa in alcuni tratti diventa divertente, mi lascio guidare da quel poco di
piacere.
Risalire
è sempre la parte più dura, Col dei Moi è difficile da conquistare. Uno strappo
di 400 o 500 metri in perpendicolare.
Sto
faticando, ho difficoltà di concertazione, cerco continuamente spunti, cerco un
motivo per continuare. Mi aggrego a Sabrina che ha lo stesso mio passo.
Procediamo
insieme e ci aiutiamo a vicenda.
Altri
stappi, altre discese. Si scende rapidamente e si risale in perpendicolare.
Il
percorso è cambiato, la strada bianca che prima ti permetteva di mollare le
gambe è stata tagliata . Continui saliscendi con strappetti spacca muscoli si
susseguono. Il percorso è duro non lo ricordavo così, probabilmente perché la
mia forma era migliore.
Ultima
salita prima di giungere al Visentin. Sento che oramai è fatta, la sofferenza
sta già passando per cedere il passo alla soddisfazione.
In
alto la nebbia copre tutto, anche l'enorme antenna del ripetitore. Il mio corpo
è gelato e tuoni lontani ricordano che un temporale è in arrivo,
Si
scende rapidamente mentre il cielo minaccia ripercussioni. L'erba è scivolosa.
Qualche goccia di pioggia scende aumentando il pericolo di caduta. Cerco di
guadagnare il bosco e l'infinita discesa il più presto possibile. Discesa
bella, discesa invitante, discesa che va giù tutto di un fiato. Lascio andare le
mie gambe, le lascio correre, ritrovo piacere, mi riempio di soddisfazione.
Ci
siamo, si ci siamo ultimi chilometri in piano per arrivare al lago morto,
passare sotto l'arco e godermi il mio premio, mentre la pioggia scende con
insistenza, ma non importa più, ho conquistato la mia gloria e ho la mia birra
in mano... sono un signore, anche oggi ho vinto il mio premio..... alla
prossima.
Massimiliano Tebaldi