A cura del dott. Viceconti (Fisioterapista)
E’ importante evidenziare come le persone che passano
alle ultra, tendenzialmente abbiano superato i 35/40 anni di età. Ne consegue
che i tempi di recupero sono molto diversi e che a volte programmare
allenamenti troppo intensi non solo rischia di essere poco efficiente, ma può
aumentare la probabilità di infortuni dovuti all’usura (tendinopatie, dolore
rotuleo, fascite, fratture da stress).
La tecnica di corsa è un’altro aspetto molto importante
da considerare perché il running è uno
sport altamente usurante e se la biomeccanica del movimento non è corretta il
corpo può trovare dei “compensi” su brevi tratti, ma è facile intuire che un
seppur minimo errore (ad esempio un appoggio errato) ripetuto nel tempo, ad
esempio 60.000 volte (quindi circa 60 km), o semplici incrementi della velocità
e del ritmo di corsa, possono portare a importanti sovraccarichi funzionali. Il
corpo inoltre va abituato a un chilometraggio più ampio e non sempre si
rispettano i tempi per il giusto adattamento: in letteratura è stata ben
stabilita l’importanza della progressione nel kilometraggio.
Molti runner aumentano i carichi degli allenamenti senza
un’opportuna guida di un preparatore atletico o di un fisioterapista
specializzato; farlo senza le necessarie basi scientifiche e metodologiche che
invece la disciplina richiede se non si vuole incorrere in errori e quindi in
possibili infortuni, può voler dire dover interrompere gli allenamenti e a
volte addirittura rinunciare agli obiettivi agonistici programmati.
Ecco quindi spiegate le insorgenze delle problematiche
muscoloscheletriche più diffuse: di seguito la classifica delle 10 patologie
più diffuse. A farla da padrone è sicuramente la sindrome del dolore
femoro-rotuleo, uno dei disturbi più frequenti tra i 22 e i 38 anni e due volte
più frequente nelle donne, seguita dalla sindrome della bendeletta ileo-tibiale
e dalla fascite plantare.
In tutti e tre i disturbi citati la componente
biomeccanica è sicuramente di rilevante importanza, come riportato dalla letteratura
scientifica che, a tal proposito, suggerisce l’esecuzione di un’accurata
analisi e di utili supporti terapeutici (anche mediante l’utilizzo di
apparecchiature video e feedback audio/visivi).
Infortuni Frequenza
Sindrome da dolore femoro-rotuleo 16.5%
Sindrome della bandelletta ileo-tibiale 8.40%
Fascite plantare 7.80%
Sindrome da stress tibiale 8.94%
Tendinopatia rotulea 4.80%
Infortuni del gluteo medio 3.50%
Fratture da stress della tibia 3.30%
Infortuni dei muscoli flessori 2.29%
Le ultramaratone hanno la caratteristica unica di
disputarsi in condizioni climatiche e su terreni molto variabili e diversi,
soprattutto nelle gare a tappe, e quindi, ad esempio, anche le superfici di
gara su cui si andrà a correre (asfalto, sterrato, sabbia, fondo misto, ecc..)
non sono affatto da trascurare ed è
importante tenerne conto durante il programma di preparazione di un evento
agonistico. Non è sempre possibile ovviamente ma ci sono alcuni accorgimenti
che possono aiutare l’atleta. Ad esempio, se è abitudine correre su asfalto e
si decide di correre su sterrato, sarà necessario abituare alcuni distretti,
come ad esempio il piede e la caviglia alle diverse sollecitazioni, e andrà
tenuto conto anche del diverso impegno muscolare richiesto. A tal proposito può
essere utile praticare alcuni esercizi cosiddetti propriocettivi, ovvero di
equilibrio, che hanno lo scopo di “allenare” la sensibilità del distretto
piede-caviglia alle continue variazioni degli appoggii e dei gradi articolari.
Per chi vuole cimentarsi nelle corse sulla sabbia può
essere utile allenarsi, se si ha la possibilità, nella neve (alta massimo 10-15
cm) in quanto può simulare l’impegno richiesto nei deserti ad esempio. La
sabbia dei deserti infatti si presenta sotto diverse consistenze, proprio come
la neve: a volte è compatta e ci si può correre senza problemi, a volte è
caratterizzata da un primo strato duro che si spezza all’appoggio e fa
sprofondare per alcuni cm, altre volte è morbida e correre diventa davvero
molto difficile. Per tutti questi terreni (sabbia e neve sopratutto) è
importante tenere in considerazione la tecnica di corsa che deve cambiare e
“adeguarsi” al terreno. Molti runner tendono a “spingere” in avanti cercando di
impiegare più forza nelle falcate provocando un consumo energetico maggiore e
il rischio, inoltre, di procurarsi degli infortuni come quelli da sovraccarico
funzionale degli adduttori o del muscolo ileo-psoas (condizioni cliniche meglio
note come pubalgia). Su questi terreni è consigliabile quindi “accorciare” il
passo e aumentare le cadenze, cercando di minimizzare l’impegno muscolare nella
progressione della marcia: potremmo
dire, per rendere più chiaro il concetto, che è più importante tenere in considerazione i parametri di frequenza e velocità dei
passi piuttosto che la forza muscolare espressa ad ogni singolo passo. In
questo caso aumenterà probabilmente il battito cardiaco ma si eviteranno
dannosi sovraccarichi.
E’ raccomandato inoltre includere altri fattori
ambientali, che saranno poi riscontrabili in gara, nel programma di
allenamento, come ad esempio la presenza di salite e di dislivelli impegnativi
o di particolari condizioni climatiche. Infine ogni atleta dovrebbe eseguire
uno programma di prevenzione e di rinforzo specifico e personalizzato
(soprattutto dei muscoli dell’anca e della coscia) come parte integrata e
indispensabile della preparazione fisica, sia nei periodi di pausa invernale
come momento migliore in preparazione agli obiettivi stagionali, sia come
“mantenimento” durante tutta la stagione.
Una razionale pianificazione dell’allenamento a lungo
termine, tenendo in considerazione molteplici aspetti quali l’età, le
esperienze passate (da quanto tempo si corre ad esempio), la modalità del
carico e i recuperi, è sicuramente il modo migliore per iniziare la
preparazione a una ultramaratona e in generale alle competizioni podistiche. E’
fondamentale pensare al recupero come parte integrante dell’allenamento e non
va vissuto come un “senso di colpa” : il corpo ha bisogno di sano riposo per
avere il tempo di compensare i lavori svolti. Una volta creata la
pianificazione degli allenamenti è bene tenere presente che l’allenamento così
chiamato “qualitativo” (cioè un
allenamento mirato che ha lo scopo ben preciso di far lavorare l’organismo con
un determinato obiettivo al fine di ottenere un risultato prestabilito) può
essere molto utile ad allenare al massimo regime un atleta in un’unità di tempo
ridotta. Le ripetute fatte su mille metri, ad esempio, sono un classico
allenamento molto utile che ha una durata complessiva non estrema di circa
60/70′. Per allenare una gara lunga è perciò sensato pensare a degli
allenamenti di qualità.
articolo tratto http://www.trailrunning.it/